Contesto

Le malattie cardiovascolari (CVD) rappresentano una delle principali cause di morte a livello globale. L’eccessivo consumo di sale, oltre i 5 g/giorno raccomandati dall’OMS, è molto diffuso e strettamente collegato all’aumento dell’ipertensione e del rischio cardiovascolare. Le ricerche più recenti hanno ampliato il focus: non solo l’impatto sulla pressione arteriosa, ma anche l’influenza di fattori genetici, epigenetici e delle alterazioni del microbioma intestinale.

Evidenze scientifiche

Studi trasversali e di coorte

Queste analisi confermano l’associazione tra elevato apporto di sodio e maggiore incidenza di ipertensione, ictus e CVD. Alcuni dati suggeriscono una relazione “a J”, indicando rischi anche a livelli molto bassi di consumo di sale.

Trial clinici randomizzati (RCT)

Studi come TOHP e DASH hanno dimostrato che ridurre l’apporto di sodio abbassa la pressione e può ridurre gli eventi cardiovascolari. Tuttavia, sono necessari ulteriori RCT di lunga durata con endpoint “duri” come infarto e ictus.

Sensibilità al sale

La risposta individuale al consumo di sale è variabile. Alcune persone, per predisposizione genetica (es. polimorfismi SLC4A5, WNK1), presentano variazioni pressorie marcate in risposta al sodio e sono quindi più a rischio. Fattori come età, sesso e menopausa influenzano ulteriormente la sensibilità al sale.

Sostituti del sale

L’uso di cloruro di potassio e altri sostituti può abbassare la pressione e, in alcuni studi come SSaSS, ridurre il rischio di ictus. Tuttavia, l’eccessivo apporto di potassio può essere pericoloso per chi soffre di patologie renali.

Meccanismi biologici

  • Aumento della pressione arteriosa: dovuto a ritenzione di liquidi e attivazione del sistema RAAS.
  • Effetti diretti su cuore e vasi: ipertrofia ventricolare sinistra, disfunzione endoteliale e aterosclerosi.
  • Risposta immuno-infiammatoria: incremento delle cellule Th17 e infiammazione vascolare.
  • Ruolo dei prostanoidi: regolazione del tono vascolare e dei processi infiammatori.
  • Modifiche genetiche ed epigenetiche: metilazione del DNA e alterazioni degli istoni.
  • Alterazioni del microbioma intestinale: riduzione di Lactobacillus e aumento di vie pro-infiammatorie.

Conclusioni

Ridurre l’assunzione di sale rappresenta un obiettivo cruciale per la salute pubblica. Sono necessarie linee guida più dettagliate e interventi mirati ai gruppi a rischio. Ulteriori ricerche potranno chiarire meglio i meccanismi coinvolti e ottimizzare le strategie di prevenzione.